Riteniamo che la deliberazione della Provincia, imposta senza una formale consultazione della comunità scolastica, abbia conseguenze importanti e non adeguatamente valutate sulla didattica, sull'organizzazione delle scuole, sui tempi di studio e di vita degli studenti.
In particolare, crediamo che violi l’autonomia di ciascuna istituzione scolastica di proporre all’utenza un’offerta formativa consona, anche dal punto di vista della scansione temporale, agli obiettivi che intende raggiungere. In aggiunta, per gli studenti che hanno già cominciato un ciclo di studi, la delibera cambia radicalmente la programmazione oraria che la scuola ha proposto loro all’atto dell’iscrizione e questo cambiamento in corsa di regole già pattuite ci pare davvero scorretto. Analogamente, chi ha appena perfezionato l'iscrizione al primo anno, ha dovuto prendere atto che la scuola appena scelta non sarà in grado di garantire a settembre quanto promesso ad inizio estate.
La chiusura obbligatoria del sabato costringerà le scuole a condensare l’offerta formativa in 6/7 ore giornaliere di lezione frontale e questo avrà conseguenze facili da immaginare:
1) sarà difficile rimodulare efficacemente la didattica, perché i tempi sono contratti e sfavorevoli sia all'insegnamento che all'apprendimento, ma i programmi restano necessariamente gli stessi
2) sarà difficile ottenere l’attenzione degli studenti dopo la quinta ora
3) sarà difficile proporre ampliamenti dell’offerta formativa a scuola nelle ore pomeridiane: quale studente, dopo 6/7 ore di lezione, dovendosi preparare per una giornata scolastica ugualmente impegnativa, potrà decidere di rimanere a scuola per fare un approfondimento extracurricolare? E in che fascia oraria potrà essere proposto tale approfondimento?
4) sarà difficile strutturare e gestire corsi di recupero e percorsi di eccellenza pomeridiani, e quindi seguire gli studenti, per quanto possibile, a seconda dei loro bisogni e delle loro capacità
5) sarà prevedibile, quindi, che gli studenti più deboli saranno ulteriormente penalizzati
6) sarà difficilissimo, con un organizzazione dei tempi già troppo pesante per gli studenti normodotati, realizzare efficaci esperienze di integrazione ed inclusione per gli studenti con disabilità o bisogni educativi speciali
7) sarà infine probabile, per lo meno per il bacino di utenza che gravita sulla città di Genova, che gli studenti che provengono da più lontano siano costretti a rinunciare a frequentare istituti che si trovano in centro, e siano quindi limitati nei propri percorsi formativi.
Di fatto, poi, la soluzione prospettata da molti istituti di adottare ore di 50 minuti per ridurre la permanenza a scuola degli studenti rende più che mai evidente come la chiusura delle scuole al sabato non possa non determinare una contrazione dell'offerta formativa, poiché ad ogni giorno verrebbe sottratta un'ora di didattica.
In tutto questo noi ravvisiamo una esplicita contraddizione del dettato costituzionale, che indica lo studio come diritto di tutti e per tutti, ed il fallimento dell'idea che la scuola debba funzionare da motore sociale che annulli le differenze e le difficoltà di partenza degli studenti per farne cittadini a cui sono state offerte le medesime opportunità di formazione.
Temiamo inoltre, per le ragioni sopra esposte, che il fenomeno della dispersione scolastica, già preoccupante anche in Liguria, non possa che risultarne ulteriormente incoraggiato.
I costi sociali, immediati e sul lungo periodo, di una tale decisione ci paiono insomma troppo alti, ed i benefici derivanti dal risparmio sul riscaldamento decisamente risibili rispetto ai danni.
Comprendiamo perfettamente che la situazione economica sia ancora difficile e che la riduzione dei finanziamenti agli Enti Locali da parte dello Stato sia ormai insopportabile.
Accanto ed oltre a quella economica, c'è però anche una crisi sociale e culturale che si ha il doveredi evitare in tutti i modi, a partire dagli investimenti, non solo economici, ma di fiducia e di valore, sull'istruzione.
Togliendo il sabato per risparmiare sul riscaldamento, che messaggio si manda agli studenti, che già vivono da troppo tempo la scuola in un contesto di svalutazione? E ai tanti docenti impegnati a valorizzarla come luogo di formazione delle coscienze e delle competenze?
Ci sono valori non negoziabili, e rispetto ad alcune voci di spesa ci deve essere flessibilità: scegliere di chiudere le scuole per risparmiare non è un fatto tecnico, né un'esigenza di bilancio: è mancanza di visione, è incapacità di futuro, è l'ennesimo schiaffo ai più giovani di questo Paese.